Il fabbisogno dei chip irrompe nella logistica Automotive

La creazione di valore è l’unità di misura dei processi aziendali e marca il prezzo che i clienti sono disposti a pagare per ottenere quel prodotto.

Nell’Automotive, questo valore potrebbe essere messo in pericolo dalla carenza sul mercato dei semiconduttori e chip, fino a rendere problematiche la pianificazione ed esecuzione delle operation di fabbrica e successivamente il processo logistico outbound di fornitura.

Con una potenziale ricaduta sul cliente finale. Questo potrebbe trovarsi nella condizione di rinunciare a un determinato allestimento su uno specifico modello, se la scarsa disponibilità di chip costringesse la Casa a rendere disponibili i pacchetti di guida assistita o di infotainment solo su una parte della gamma o con tempi di consegna lunghi.

L’industria automobilistica spende 40 miliardi di dollari all’anno in semiconduttori, una cifra che è soltanto un decimo del mercato globale e inferiore a quanto la Apple spende in chip per i soli iPhone.

E qui sorge il problema: forse per la prima volta l’Automotive si trova di fronte un temibile concorrente nella gara a chi riesce a ottenere la fornitura con una certa continuità di questi importanti componenti.

La potenziale forza contrattuale dei produttori di elettronica non è inoltre legata esclusivamente alle quantità acquistate. Riguarda anche la qualità dei semiconduttori, laddove i chip utilizzati nell’Automotive sono prodotti di base, al momento non così evoluti come in futuro richiederà lo sviluppo della guida autonoma, di conseguenza non assicurano ai produttori di chip un margine a loro gradito.

Elementi più che sufficienti per affermare che lo stesso modello del just in time, pilastro dell’efficienza dei processi produttivi, venga messo seriamente in discussione.

Qualora i Carmakers non riuscissero a gestire le criticità nell’approvvigionamento, si troverebbero di fronte a scelte dolorose, come pagare di più i Fornitori dei chip e aumentare le scorte di magazzino oppure rivedere il marketing dell’offerta, con una segmentazione selettiva in termini di optional disponibili, con il rischio di scontentare i clienti e mettere in difficoltà i Dealer.

Il problema è talmente avvertito da spingere il ministro dell’economia tedesca, Peter Altmaier, a fare pressioni su Taiwan per favorire l’aumento della produzione dei chip.

Tutto questo si inserisce in una “congiuntura astrale” non proprio favorevole all’industria dell’auto.

Solo cinque giorni prima che la portacontainer Ever Given si arenasse nel canale di Suez, la Renesas Electronics ha subito un incendio nella sua fabbrica giapponese di semiconduttori, mentre altri due importanti produttori di chip, l’olandese Nxp e la tedesca Infineon erano state costrette a fermare gli stabilimenti in Texas a seguito dei continui black out di energia elettrica dovuti all’ondata di gelo abbattutasi in quell’area.

Certamente siamo di fronte a fenomeni eccezionali, non prevedibili, ma resta il fatto che i produttori di automobili, soprattutto qualora la domanda dovesse gradualmente tornare ai valori pre-pandemici, dovranno impegnarsi nella ricerca di soluzioni, sottoponendo le operation a un check up e rendendosi flessibili a flussi di fornitura inbound incostanti e con brusche oscillazioni di prezzo.

Altre risposte potranno essere trovate nel processo di concentrazione delle imprese Automotive e quindi nella riorganizzazione della globalizzazione, con l’obiettivo di salvaguardare sempre i livelli di produzione.

Uno sforzo volto a governare i fattori del cambiamento che segneranno il futuro della mobilità.